Il pranzo di Natale del primo numero de “La cucina italiana”

Milano,  via Montenapoleone 45.

Il pranzo di Natale del capo cuoco del Re esce il 15 dicembre 1929, nel  primo numero de “La Cucina Italiana”, otto pagine in formato quotidiano.  L’Italia è in pieno regime fascista e sono trascorsi solo due mesi dal terribile 24 ottobre, il cosiddetto “giovedì nero” di Wall Street. La crisi economica americana influisce negativamente anche sui consumi italiani, tant’è vero che il motto che precede il titolo è “Mangiar meglio, spender meno”. Il sottotitolo recita invece “giornale di gastronomia per le famiglie e per i buongustai”. E fin dal primo numero  il tentativo della rivista è quello di redarguire la donna italiana che per un “inspiegabile snobismo s’è allontanata quasi completamente dalla cucina” prendendo gusto ad andare al ristorante e riportarla ai fornelli domestici. Riportare la donna ai fornelli sia con ricette semplici, sia con piatti ricercati, come il “Pranzo di Natale” proposto in questo primo numero dal capo cuoco di Sua Maestà il Re, Amedeo Pettini.

La rivista si rivolge anche ai buongustai andando a rispolverare i principi che a fine Ottocento Pellegrino Artusi aveva affermato nel suo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”: l’igiene e la conservazione degli alimenti, il riutilizzo degli avanzi, il risparmio. E oltre alle donne e ai buongustai, la rivista si rivolge anche alle persone istruite con le firme di scrittori che si dilettano di gastronomia e formano il “Comitato di degustazione”: scrittori, poeti, professori, critici, musicisti.

Tra questi, Giuseppe Lipparini, poeta e scrittore bolognese, nonché docente all’Accademia di Belle Arti di Bologna, che dedicò una poesia alla “Minestra di fagioli alla toscana: suoni a stormo per te ogni campana!”; Giovanni Pascoli, con il suo “Risotto Romagnolo” e persino Tommaso Marinetti con alcune ricette della “cucina futurista”. Ricordiamo che Marinetti, nel 1930, proclama per radio l’abolizione della pastasciutta, in favore del riso, più sano, energico e ricco di sali minerali. Un appello chiaramente in appoggio alle scelte politico-economiche di Mussolini, verso una politica alimentare cerealicola nazionale in grado di sostenere il Paese.

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